sabato 26 settembre 2009

Estate che vorrei non finisse mai...

Sono ormai dieci anni che trascorro il mese di agosto in Versilia, nello stesso stabilimento balneare. Se ciò che faccio durante questo mese non ha nulla di particolarmente eccezionale o invidiabile -passeggiate lungo la riva, partite a racchettoni, a pallavolo, a Risiko, la sera pub, locali e discoteche-, insomma quello che un po' tutti facciamo in estate al mare, sono le persone con cui sto a contatto che rendono speciale tutto quello che vivo. Persone che materialmente esistono per quei 40 giorni circa di vacanza, e che poi per il resto dell'anno continuano a vivere mentalmente dentro di me, nel mio cuore, che seppur lontane occupano un posto enorme, persone indissolubilmente legate al mare, alla Versilia, ma che rappresentano un faro così luminoso nei giorni di inverno...Siamo cresciuti insieme, sono nate e finite storie d'amore, si sono rafforzate le amicizie...siamo un gruppo di dodici ragazzi, dai venti ai trent'anni, tutti accomunati dalle innumerevoli esperienze che ci legano. Viviamo il mese di agosto in maniera intensissima, è un piacere anche solo giocare a carte o fare le parole crociate tutti insieme, stiamo sempre insieme...e poi arriva il 31 d'agosto, e tutti gli anni scendono le lacrimucce...abitiamo a Firenze, a Roma, Genova, Milano, e sono purtroppo poche durante l'autunno e l'inverno le occasioni per incontrarsi di nuovo tutti insieme, a parte per festeggiare dei compleanni, come a novembre, quando siamo nati io e altri due ragazzi: in quest'occasione organizziamo una festa, ed è un piacere enorme vedere che gli altri vengono un po' da tutt'Italia lì per stare insieme, per vivere ancora dei momenti indimenticabili che si vanno ad aggiungere alla lunga lista di quelli che già ci accomunano. Dovrei dire GRAZIE a ciascuno di loro, a come ognuno, in un modo o nell'altro mi ha aiutato a crescere, a come mi ha fatto sentire...solo sapere durante l'inverno che loro esistono, che sono lì per ascoltarmi, per raccontarmi le loro avventure, che mi dà un piacere enorme. Chi mi conosce dice che io ho una “doppia vita”, una qui e un'altra al mare...persone diverse, esperienze diverse, e io che ovviamente sono diversa...è ovvio, l'estate è il tempo del riposo, del relax, della spensieratezza...e per me a tutto ciò si aggiunge il tempo per coltivare e vivere il più possibile queste amicizie, così vere, profonde, seppur vissute per così poco tempo.

lunedì 14 settembre 2009

Il bambino con il pigiama a righe

Una storia di un'amicizia fra due bambini, un documentario sull'ideologia nazista e sulla sua capacità di rivoluzionare drasticamente la visione del mondo di molti, anche bambini, un'ingenuità e una fedeltà che vanno oltre qualsiasi confine. Questo film, uscito recentemente, affronta il dramma e l'orrore del nazismo e dei campi di concentramento dall'esterno, con una visione innocente simile a quella di Benigni ne “La vita è bella”. Ma questa volta il regista ci porta dentro il campo di sterminio solo negli ultimi, drammatici minuti; ci mostra la vita di una famiglia, in cui Bruno, il protagonista, è un bambino che non capisce la realtà dei campi di concentramento, e a cui non interessa sapere se il piccolo al di là del filo spinato sia tedesco o ebreo, perché è suo “amico”, ed è questo ciò che conta veramente. Ma soprattutto ci rendiamo conto di come Hitler con le sue idee sia riuscito a plasmare la gente, a inculcare un'ideologia nel profondo delle persone. E un finale, drammatico, rapido, inaspettato: un colpo di scena fatto apposta per commuovere, per lasciare un segno. Un grido, lancinante, due vite fra le tante spezzate, e viene la voglia di dimenticare tutto quest'orrore, si finge di credere che non sia mai avvenuto, che nessuno sia mai stato capace fare qualcosa di simile.

martedì 1 settembre 2009

Paura

Paura di una leggerezza, di uno sbaglio, di una disattenzione....troppa responsabilità, troppa importanza. E poi, paura del giudizio, del futuro, dei propri sogni, delle proprie speranze.
Tutto può frantumarsi, tutto può finire, così, in un attimo, senza che te ne accorgi. La gente dice “la vita va avanti”, “il tempo sistema tutte le cose”, ma quello che perdi te in un secondo, quello che sei diventato per ciò che è successo, nessuno può saperlo, nessuno può immaginarlo...

giovedì 20 agosto 2009

Assignment 8

Facciamo un po' il bilancio...
Che dire di questa esperienza al computer?? Beh, sinceramente all'inizio ho deciso di approcciarmi all'idea del blog per esclusione, scartando l'ipotesi di studiare pagine di teoria che certo non mi attraeva. Poi, pian piano, grazie anche all'entusiasmo che ho provato quando sono riuscita ad aprirlo, mi sono avvicinata sempre di più a questo progetto, e vi ho trovato grossi aspetti positivi. Due le qualità principali: nessuna ansia, nessun limite di tempo, nessuna corsa, dall'altro lato la possibilità di scrivere quello che voglio, di parlare di me, delle mie passioni, di esprimere le mie idee. E' stata un'esperienza che mi ha permesso di approcciarmi alla conoscenza in maniera anomala, di apprendere diciamo un po' quando ne avevo voglia...Ma soprattutto la possibilità di esprimermi e di avere tempo per farlo. Niente domandina a bruciapelo, niente test a crocette, ma un diario in cui si può davvero, se si vuole, apparire per quello che siamo veramente. Tanti riescono proprio a raccontare le loro vicende personali, io non mi sono mai sbilanciata enormemente, ma certo un' idea del genere offre agli studenti l'opportunità di farlo. E così, non solo la soddisfazione di avere un mio blog, ma anche l'occasione di scrivere liberamente, di vedere le opinioni altrui riguardo alle mie esperienze o idee; ognuno poi ci perde il tempo che vuole, e tutto dipende dalla propria volontà, dal bisogno di condividere e di parlare di sé, e di aprirsi a nuove esperienze. Questo continuo confronto stimola la conoscenza, ti invita, almeno a me è successo così, a cercare, a documentarmi su nuovi argomenti, a vistare nuovi siti e nuovi motori di conoscenza; per una come me che fino a qualche mese fa si connetteva a internet solo per guardare la mail...è un bel passo avanti!!!

lunedì 10 agosto 2009

L'entropia, la fine di tutto.

“L'ultima domanda” di Asimov è il primo racconto di fantascienza che abbia mai letto: una vertigine, un'ansia, una domanda, appunto, da brivido. Sette episodi, il primo dei quali ambientato nel 2061, quando gli uomini cominciano a chiedersi cosa succederà quando tutto sarà finito, quando l'energia si sarà esaurita. C'è un modo per invertire l'entropia? Possiamo evitare che tutto prima o poi si “scarichi”, che le stelle muoiano, che tutto vada incontro alla dissoluzione, al naturale disordine? La risposta viene cercata in un computer, Multivac (AC sono le iniziali di calcolatore analogico), che tuttavia si scopre incapace di fornire una risposta. I millenni passano, gli uomini si fanno sempre più simili agli dei, diventano immortali, sono ormai capaci di liberare la mente dal corpo, e arrivano addirittura a fondersi con l'AC cosmico, discendente di Multivac. Solo dopo la morte termica dell'universo, il grande calcolatore scopre la risposta, ma ormai non c'è più nessuno a cui poterla riferire, quindi si limita semplicemente ad attuarla: inverte l'entropia, crea un nuovo universo e, soprattutto, reintroduce la luce. Il racconto è stato scritto nel 1956, e Asimov ha immaginato un futuro in cui gli uomini arrivano addirittura a fondersi con il computer da loro creato; beh, non si può negare la sua chiaroveggenza, l'attuazione di ciò che ha ipotizzato, l'effettiva condizione di uomini che superano i loro limiti naturali grazie alla tecnologia. Io la ignoravo completamente, comunque documentandomi ho scoperto l'esistenza di uno stile, di una corrente letteraria contemporanea detta “cyberpunk”, che tratta proprio del rapporto fra la tecnologia e l'essere umano, che diventa quasi mostruoso mettendo innesti meccanici nel proprio organismo:il corpo umano cessa di essere naturale, diventa qualcosa di modificabile, soprattutto di tecnologico. Alcuni credono davvero nell'effettivo miglioramento della condizione di vita se ciò si attuasse veramente...beh, questo è altamente discutibile. Non si tratterebbe infatti di inserire qualcosa dall'esterno in grado di salvare la vita alle persone, bensì un tentativo di mettere a disposizione la tecnologia per diventare esseri quasi divini. E, come giustamente si domanda, fra molti millenni, uno dei personaggi di Asimov: “Che m'importa dell'immortalità, se non c'è l'Eternità, il “per sempre” dell'universo?”

martedì 4 agosto 2009

Il cervello che si sconnette.

Caro blog, mi sono accorta che ti ho un po’ abbandonato…era convinta che avrei approfittato del periodo estivo per scrivere qualcosa, data la quantità di tempo che avrei a disposizione…e invece sono in una fase di sano, e aggiungo meritato RELAX, e di puro DIVERTIMENTO. Dal 27 luglio, data del mio ultimo esame, il mio cervello si è un po’ sconnesso, e questo diciamo che è tipico dell’estate; ma in questi giorni mi fa a volte addirittura fatica aprire un libro di lettura. Ovviamente non me ne sto a ponzare davanti alla tivù, non è da me, vado sulla spiaggia, in piscina, feste, passeggiate, lunghe chiacchierate con gli amici e partite di Risiko a volontà…sto diventando una vera professionista. Blog, dammi ancora qualche giorno per “riprendermi” dal primo anno di università abbastanza pesante, e poi ti prometto che tornerò ancora a considerarti. D’altronde non voglio farmi prendere da nessuna ansia, io so che te sei lì, che magari qualcuno ti può leggere, così non ti senti abbandonato; anch’io fra un po’ tornerò da te. Lo so che l’idea di possedere un blog non è associata a quella di università, che te sei un diario in cui posso scrivere quello che voglio, e soprattutto quando voglio…però, se non ti offendi, ora ho cose più importanti da fare, prima fra tutte quella di stare con i miei amici…

martedì 21 luglio 2009

Assignment 5

Beh, questa sì che è stata una bella novità per me!!!non avevo assolutamente idea che potesse esistere un motore di ricerca solo per noi futuri medici o quasi...una grande rivelazione!!!ho cercato di tutto, e fra le varie cose mi sono cimentata sul sonno REM...quante volte sentiamo parlare di questa fase del sonno che ogni notte ci viene a “disturbare” quattro, cinque volte, ogni ora o ora e mezzo...è un sonno leggero, che dura più al mattino, e che, come ho trovato scritto su Pubmed, è importante nella risoluzione di problemi e nella formazione di nuove associazioni. C'è addirittura scritto che secondo alcuni studiosi la grande prevalenza nel neonato del sonno REM rispetto a quello non-REM permetta al piccolo di rielaborare e far proprie tutte quelle esperienze vissute durante la giornata...Ho letto che è stato studiato a partire dagli anni '60 dal comportamento nel sonno di drogati e alcolizzati, come se fosse qualcosa che caratterizzasse solo coloro “diversi dal normale”, e che manca nelle persone affette da narcolessia o dal morbo di Parkinson. Insomma, ci sono quasi 1000 articoli su quest'argomento, tutti in inglese ovviamente (piccolo svantaggio), ma riusciamo davvero a divertirci su Pubmed!! Insomma, qualcosa che sostituisca il classico Google, molto più ricco e aggiornato!!!!

mercoledì 8 luglio 2009

La mia Professoressa.

Alcuni insegnanti sono in grado di dare una formazione che dura tutta la vita, che lascia dentro di te un segno, un marchio indelebile. Io per fortuna, oltre a “raccapriccianti” soggetti che ci ripetevano solo “bisogna studiare!!!”, ho avuto la fortuna di avere per i cinque anni del liceo una persona straordinaria, la professoressa di francese. Eppure durante tutto il primo anno non la potevo sopportare, il pensiero delle sue ore era una sofferenza, lei era sempre impeccabile, così severa, ci ha sempre impedito di portare pantaloni corti o sandali, addirittura bisognava chiederle il permesso per bere durante la sua lezione...uno strazio!! Eppure crescendo mi sono accorta quanto di incredibile c'era in lei: una donna che ha avuto un passato orribile, che ha dovuto cambiare paese per cercare di dimenticare, e che tuttavia ha visto nell'insegnamento lo scopo della sua vita. Un insegnamento che va ben oltre la semplice interrogazione, la semplice lezione su Hugo o Flaubert, in cui, davvero, ci insegnava ad imparare, a guardarci intorno, e soprattutto a riflettere. Le sue interrogazioni non erano mai banali, mai prevedibili, ma erano dei veri e propri “viaggi”, in cui da una poesia, da un brano, si passava all'attualità, e soprattutto alla RIFLESSIONE PERSONALE, al CONFRONTO. Io sono convinta, al di là della mia esperienza, che pochi studenti abbiano avuto il privilegio di avere davanti un insegnante che chiedesse loro di riflettere, di dire la propria opinione, di esprimersi liberamente su quello che c'era scritto. Nelle sue lezioni non c'erano tabù, si poteva parlare tranquillamente di tutto...Il suo messaggio era infatti quello di riflettere su quello che si leggeva, piuttosto che riconoscere le figure retorica o distinguere una rima baciata da un altro tipo, che ora manco mi viene in mente. Sono queste le esperienze che ti formano, che ti plasmano da dentro...Va bene, impariamoci pure a memoria la vita di Leopardi o di Jane Austen, impariamo a riconoscere un eufemismo dall'iperbole...e poi?? Purtroppo tanti insegnanti puntano solo a quello, a svolgere minuziosamente il programma ministeriale, soddisfatti se a maggio hanno già spiegato tutto, così da dedicare tutto il tempo a interrogare e martoriare gli studenti distrutti da tutto l'anno scolastico, a decidere se vale la pena alzare la media del 7.75 all'8...certo, sono questi i problemi importanti per i professori.......alla fine non si va a scuola solo per prendere buoni voti?????

martedì 7 luglio 2009

La solitudine dei numeri primi.

Questo romanzo di Paolo Giordano attrae già con il suo titolo, da cui si capisce molto dell'autore e dell'opera. E' laureato in fisica teorica, e una forte fermezza, semplicità e schiettezza emerge dal suo stile, come solo un fisico è in grado di fare. I due protagonisti, Alice e Mattia, sono proprio così, due numeri primi, anzi due primi gemelli, cioè due numeri, come il 17 e il 19, “soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero”. Sono due anime diverse dal comune, con un passato che ha inevitabilmente segnato la loro vita, che sono fatti l'uno per l'altro ma che tuttavia non riescono a vivere il loro amore. Sono così vicini, separati da un solo numero pari, ricalcando la metafora di Giordano, ma mai abbastanza da poter rivelare quello che provano, da poter esprimersi. Una forte tristezza emerge da queste pagine, che si divorano letteralmente. L'autore descrive ogni singola emozione, fa vivere il lettore dentro i suoi personaggi, che risultano attraenti ma anche quasi detestabili, per il loro essere diversi, estranei dal mondo, chiusi solo nella loro esistenza e nei loro pensieri. Alla fine del romanzo ci si aspetterebbe un colpo di scena, anzi si spererebbe in una salvezza per Alice e Mattia, ma per loro non c'è posto nella vita considerata “normale”...Invece tutto si conclude perfettamente in linea con il resto del romanzo, senza inutili tentativi di far sorridere il lettore con un finale alla “e vissero per sempre felici e contenti”. Sono pagine dure, spietate, che tuttavia fanno pensare...beh, insomma, un libro che si è veramente meritato il Premio Strega, e che dovrebbe essere letto, perché le pagine scorrono velocissime, e una volta concluso siamo davvero obbligati a rifletterci un po' su.

venerdì 26 giugno 2009

Sì, è solo un pò di sconforto....

A volte prendono veramente tanti dubbi, sorgono perplessità, si comincia ad avere meno fiducia in tutto quello in cui stiamo investendo e in cui stiamo dando il meglio di noi...nella situazione che viviamo oggi c'è posto per poche persone, è tutta una gara, una rincorsa, e si hanno i paraocchi che non ci permettono di guardarci intorno, di rendersi conto che stanno nascendo delle figure professionali nuove, come la nostra, delle “terapiste della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva”. In queste poche righe non voglio fare pubblicità al mio corso di laurea, anche se mi piace tantissimo e vorrei che in tanti lo conoscessero, ma solo una riflessione. Tutti ci confermano che abbiamo degli insegnanti validissimi, che il nostro piano di studio è bellissimo, poi vengono fuori quelle frasi tipo “peccato che siano in pochi a conoscerlo”...E' vero, il mio corso di laurea è stato creato solo qualche anno fa, ma la figura di psicomotricista è nata in Francia ormai da un secolo, come colui in grado di riabilitare, come dice la parola stessa, bambini da un punto di vista psichico e motorio...come fa questa persona ad essere scambiata per il fisioterapista??? E tutti gli esami di psichiatria, psicologia, i tirocini nel reparto di Neuropsichiatria infantile? E' proprio un approccio diverso, eppure tanta gente non lo sa e non lo vuole sapere...Ci sono regioni in Italia in cui questa figura non è affatto conosciuta, altre, come la Campania, in cui ci sono centinaia di centri convenzionati...va bene, andremo tutte a lavorare al Sud, il problema non è questo, ma mi chiedo come sia possibile diffondere questa conoscenza...vabbé, sarà la stanchezza che mi fa parlare così, l'”esamone” di anatomia dato solo ieri, ma ho un po' di sconforto...alla fine non è bello fare tanti sforzi, metterci tanto impegno, e poi sentirsi dire che tanta gente ci assume come fisioterapiste, quando il nostro corso di laurea è completamente diverso, e quando noi sogniamo di stare in contatto, di migliorare, per quanto possibile, la qualità della vita di bambini autistici, con ritardo mentale, piuttosto che riabilitare il ginocchio di un ragazzo che ha fatto un incidente in motorino...senza nulla togliere ai fisioterapisti, ma non vi sembra un po' diverso??? Il tempo ci aiuterà a far conoscere un po' la nostra figura professionale???

lunedì 18 maggio 2009

Lang Lang, non è uno scioglilingua....

ma un talento. E' giovanissimo, di origini cinesi, ha ormai conquistato il mondo ricevendo tanti apprezzamenti quanto critiche. Alcuni lo adorano, altri lo detestano. Lang Lang ha cominciato a suonare il pianoforte a tre anni, grazie al cartone “Tom & Jerry”, poiché la passione per questo strumento musicale è scoppiata in lui guardando l'amato gatto suonare una rapsodia di Franz Listz. Oggi si esibisce in tutte le maggiori orchestre del mondo, e nel 2008 ha suonato durante le cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici di Pechino.
Molti critici vedono in lui solo una “caricatura”, e non apprezzano la sua esagerazione di gesti e mimica facciale, lo ritengono eccessivo...Come si fa a concordare con loro?? Oltre al talento tecnico, la sua genialità deriva certamente dalla sua capacità di coinvolgere gli altri, e si vede la differenza quando il pianista esegue solo un pezzo difficilissimo, in cui le dita scorrono velocissime sulla tastiera, o suona perché “sente” veramente quello che sta suonando e lo fa suo. Io quando suono il pianoforte metto tutta me stessa, e uno stesso spartito suonato un giorno in cui sono felice o in uno in cui vedo tutto nero, cambia completamente. Perché quando si suona si mette una parte di noi, vengono fuori alcuni aspetti del nostro carattere, per cui non ci saranno mai due persone che suonano lo stesso pezzo in maniera uguale...ognuno di noi, quando ascolta un brano, immagina quello che vuole, e si lascia coinvolgere in maniera diversa...a Lang Lang certo non manca la sensibilità musicale, e ascoltandolo ci rendiamo subito conto che non si sta limitando ad eseguire un pezzo pieno di tecnicismi come un piccolo robot, ma riesce a vivere quello che sta suonando, a sentirlo, e noi non possiamo che lasciarci trascinare dalle sue note e dalle sue passioni...allora, come fare a criticarlo?

Ps: comunque, cliccate sul titolo così se vi va mi dite un pò che ne pensate........

giovedì 23 aprile 2009

C'é mai qualcosa di completamente negativo??!!

Ho appena avuto un'illuminazione sull'utilità del blog....così, ciacciando un pò nei blog altrui, mi sono accorta di come siano nate delle "amicizie", se così le possiamo chiamare...scambi di opinioni, di pensieri, commenti con frasi di sostegno e di incitamento....io sono sempre stata contraria a parlare della mia vita su un blog che tutti possano leggere, ho sempre pensato che solo l'opinione delle mie amiche, dei miei parenti e del mio ragazzo contassero veramente...ora invece comincio a capire la mia compagna di università, che mi ripete sempre di come il blog l'aiuti a sfogarsi, a capire quello che sta succedendo intorno e dentro di sé, e a conoscere nuove persone...questo "diario" forse non è poi così male.....

giovedì 16 aprile 2009

Quando pian piano tutto si dimentica

Nei giorni delle vacanze pasquali, mentre noi eravamo ad aprire uova di cioccolato, a mangiare colombe, agnelli e chi più ne ha più ne metta, molti, non lontano da noi, “festeggiavano” il giorno di Pasqua in una tendopoli, al freddo, con il terrore che la terra ricominciasse a tremare, e con il vuoto lasciato dalla perdita di amici e parenti.
L'Italia è tutta unita e solidale, si raccolgono cibo, acqua e vestiario, si fanno donazioni...ma quanto a lungo continuerà? Le autorità si recano nelle tendopoli, si fanno accertamenti, tutti i media ci bombardano di notizie...poi pian piano tutto passerà, i giornalisti si stuferanno di parlare dei terremotati e di quel poco che resta nell'Aquila e nei dintorni, e l'Italia dimenticherà...questo succede ogni volta che un cataclisma (basta pensare allo tsunami), un attacco terroristico, una guerra colpiscono la nostra attenzione: inizialmente ci si commuove, si pensa solo a quello, e ogni volta che sfogliamo un quotidiano o accendiamo la televisione interi servizi o intere pagine sono dedicati a quell' EVENTO. E poco dopo, tutto passa, ci si dimentica, si pensa di aver già fatto e dato abbastanza, quando poi chissà per quanto tempo gli abitanti dell'Abruzzo continueranno a vivere sotto una tenda, per non parlare di quella ferita che segnerà per sempre il loro cuore, e che nessuno potrà risanare.

martedì 7 aprile 2009

Una delle mie più grandi passioni


A quattro anni ho cominciato a ballare la danza classica, uno dei sogni coltivato dalla maggior parte delle bambine. O meglio, ho cominciato a fare “gioco danza”, cioè giocavo, sgambettavo un po' e saltavo a tempo di musica. Questo semplice gioco è diventato poi un vero sogno, durato ben undici anni. Ci ho dedicato molta passione, molto entusiasmo, e ho sempre ballato con il cuore. Poi è arrivato il momento della grande scelta: avevamo raggiunto un livello abbastanza buono per poter frequentare un'accademia di danza, e la nostra insegnante aveva programmato tutta la nostra vita: un pomeriggio stretching, il giorno dopo la sbarra, e poi anche la “sbarra a terra”, le punte, e perché no, un po' di danza moderna e contemporanea non avrebbe certo fatto male. Non avrei avuto un attimo di respiro, né un pomeriggio da dedicare a me stessa, e soprattutto alla scuola. Poi mi sentivo la “pecora nera” del gruppo: anche se ho le mie curve e le mie “cosciotte”, sono magra, eppure ero la più grassa del corso, quella a cui bisognava ordinare la “M” come taglia del body, anziché la “S” o addirittura la “XS”, e questo mi veniva sempre fatto pesare... Ci ritrovammo di fronte a quel grande bivio, e a quel punto io non ebbi dubbi: decisi di dedicarmi alla scuola, stanca di tutti quei pomeriggi che dovevo passare in palestra, e di un'insegnante che aveva trasformato la mia passione in un lavoro, e che pretendeva sempre il massimo da noi, senza rendersi conto che eravamo solo delle ragazzine adolescenti, che avevano altri pensieri per la testa, nuovi interessi e problemi. E proprio a causa di questo accanimento, della voglia di trasformarci in prime ballerine, che ho abbandonato lo studio della danza classica. L'anno successivo ho studiato hip hop, e mi ricordo di essermi divertita tanto con le mie amiche. Certo, ero buffissima, dopo così tanti anni di danza classica ero un “paletto” che cercava di ballare uno stile così diverso. Ho incontrato di nuovo le mie ex compagne del corso di danza classica: una ha cercato di entrare alla “Scala” di Milano, poi ha avuto un problema alla gamba che le impedisce di ballare, un'altra fa l'insegnante in una palestra a delle bambine, un'altra ancora ha abbandonato subito dopo me. A sentirle parlare, quest'ultima mi sembrava la più felice e spensierata: lei, come me, mangia quanto vuole, non si fa problemi, e quando ascolta la musica, comincia a danzare, felice, e immagina di trovarsi con il tutù su un palcoscenico, per far vedere alla gente quanto è bello ballare. Non voglio che da questi miei pensieri si possa capire che sono contraria a chi decide di dedicare tutta la sua vita alla danza, assolutamente. E' una passione meravigliosa, e ammiro chi abbia lottato per continuare a coltivarla. Mi auguro solo che questa ragazza che adesso insegna a delle bambine non faccia lo stesso errore della mia insegnante, e che si renda conto che ci sono molte persone che vogliono ballare per il piacere di farlo, e che non hanno nessuna intenzione di diventare “prime ballerine”, ma solo di esprimere con la danza quello che provano e sentono dentro.